La prima volta che decisi di andare in terapia, scelsi una sessione di gruppo più o meno vicino a casa. Era una roba di più giorni, su argomenti vari. Il primo problema da affrontare, una volta arrivata, fu capire dove sedermi. In una situazione come quella, dove una sala viene allestita con una folla di sedie anonime e senza amici né parenti che ti accompagnino, la scelta del posto da occupare ricade su alcuni fattori fondamentali, quali la grandezza della sala, che ne determinerà l’acustica, la vicinanza o meno di vie di fuga, un po’ come in aereo, e il grado di scioltezza e timidezza intrinseca del soggetto. Fu così che finii in penultima fila, seduta tra una colonna che mi oscurava tre quarti di stanza e una una signora oltre la cinquantina dal viso un po’ spento. Volevo andare sul sicuro.
Il seminario me l’aveva consigliato la mia amica Zelinda, una sera in cui, per ore, avevamo parlato di tutto ed un po’, come solo nelle migliori serate accade. Oh, ma l’hai visto che figo il nuovo ragazzo nella sezione tenori? No, non ricordo come si chiama, però gli occhi me li ricordo. Non dirlo a me, ero al parco con le amiche, mi squilla il telefono ed indovina chi ha avuto la faccia tosta di farsi sentire dopo quattro mesi? Robe da matti. Ieri son salita sulla bilancia per la prima volta in due anni. Peso cento chili, Zelì.